I segnali che un cambiamento potente stesse per accadere, si sono avvertiti già dalle prime luci del mattino, quando una folla festante ha cominciato ad invadere le stradine di Windsor. Sui marciapiedi, accuratamente transennati e monitorati da centinaia di poliziotti armati fino ai denti, si sono raccolti visitatori di ogni genere, nazionalità ed età. "Siamo qui per Meghan, siamo la sua squadra", dicono sorridenti un gruppo di ragazze americane. "Harry, Harry!", urlano i bambini dalle finestre delle casette basse in mattoncini rossi della cittadina a pochi chilometri da Londra. E poi ragazzi, tanti ragazzi. Sui prati, davanti ai teleschermi, in attesa rispettosa e silenziosa dietro le transenne.
Un pubblicato variegato, ben lontano da quello quasi interamente bianco e certamente meno giovane, che ha presenziato nel 2011 al matrimonio solenne di Kate e William nell'Abbazia di Westminster. Una folla pronta ad abbracciare la coppia del cambiamento e della modernità. E Harry e Meghan non hanno tradito le aspettative. La sposa è arrivata puntualissima: alle 12 scendeva dall'auto in cui viaggiava a fianco dell'emozionatissima madre Doria Ragland, insegnante di yoga. E fin dal primo passo fatto sulle scale della St. George's Chapel, Meghan ha sancito il cambiamento. Sorridente, senza tentennamenti, ha aspettato che i suoi due paggetti le sorreggessero il lungo velo. Poi ha cominciato a salire decisa la gradinata, arrivando sola fino a metà della navata della Chiesa, dove l'aspettava il Principe Carlo per "consegnarla" a suo figlio.
Basterebbe quest'immagine ad evidenziare la "rivoluzione Meghan Markle". Ma è avvenuto di più. Perché in una sorta di collisione fra la cultura inglese e quella americana, ad officiare il matrimonio è stato chiamato il pastore Michael Curry, primo afro-americano a guidare la Chiesa Episcopale. Un sermone di 13 minuti, durante il quale ha citato anche il leader dei diritti civili Martin Luther King: "Dobbiamo scoprire il potere dell'amore, il potere redentore dell'amore, solo così faremo di questo vecchio mondo, un mondo nuovo. Ma l'amore, l'amore è l'unico modo: c'è un potere nell'amore, non sottovalutatelo".
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Il pastore non si è risparmiato e ha fatto riferimento anche alla schiavitù, ricordando il potere curativo della musica spirituale cantata dagli schiavi. Tema caro alla madre della sposa, Doria Ragland, i cui antenati arrivarono negli Usa in catene. Ed è stata proprio la musica, l'altro elemento di profonda innovazione di questo matrimonio reale: un coro gospel ha intonato Stand by me. Un violoncellista nero di 19 anni si è esibito mentre la coppia firmava il registro. E la cerimonia si è conclusa con un'esibizione della versione di Etta James di "Amen / This Little Light of Mine", una canzone che è diventata sinonimo del movimento per i diritti civili degli Stati Uniti.
Quando Harry e Meghan sono saliti in carrozza per il giro fra le strade di Windsor (omaggio alle centinaia di migliaia di persone accorse per il royal wedding), dunque, il patto fra la duchessa di Sussex e il suo popolo era già avvenuto. Tre i pilastri: apertura al mondo, impegno politico a favore dell'uguaglianza, innovazione nel rispetto della tradizione. Un lungo applauso, infatti, ha accompagnato il galoppo gioioso dei cavalli che trainavano il nuovo Duca e la nuova Duchessa di Sussex, tra tante bandierine inglesi e americane sventolanti.
"I precedenti matrimoni reali sono stati quelli ai quali il mondo doveva guardare con soggezione; questo è stato un matrimonio a cui il mondo è stato invitato", ha scritto il Time in un editoriale. Potrebbe essere la giusta sintesi della ventata di modernità regalata da questo matrimonio alla monarchia britannica, una modernità sottolineata anche dall'abito semplice e senza fronzoli indossato da Meghan, firmato Givenchy dalla designer inglese Clare Waight Keller.
Ma se è vero che i cambiamenti epocali hanno bisogno di coraggio, è altrettanto vero che si attuano con il tempo e nel rispetto di ciò che è stato. Forse per questo l'ex attrice si è voluta "vestire" di alcuni simboli della tradizione inglese. Il velo, innanzitutto: lungo cinque metri, in tulle di seta, con ricamati tanti fiori quanti i 53 Paesi del Commonwealth. La tiara, in diamante e platino prestata da Elisabetta II e il bouquet con un tributo a Lady Diana: i suoi fiori preferiti, i 'non ti scordar di me'.
Insomma, Meghan, accorta nelle sue scelte (come quella di rinunciare a pronunciare la tradizionale formula di obbedienza al marito) e sincera nelle sue decisione, ha fatto brillare la sua luce, per citare la canzone gospel in chiusura di cerimonia. Entro i limiti della tradizione reale, fin dal matrimonio, ha già lanciato il suo messaggio di inclusione e carità al resto del mondo. Chissà che cosa sarà in grado di realizzare con gli strumenti a sua disposizione ora che è un membro della famiglia reale.
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Linda Varlese Giornalista, L'Huffington Post